Un
pastificio che ha avviato la prima “filiera dei contadini” del grano biologico italiano.
Paolo, pescatore e guida ambientale nel porto di Talamone, che sceglie la pesca sostenibile.
Elibelinde, in turco antico “la donna con le mani sui fianchi”, un ristorante con l’anima a Rende.
Senza trucco, il documentario indipendente di Giulia Graglia che parla di quattro donne del vino naturale. Sono solo alcune delle 20 piccole storie che Chiara Spadaro racconta nel suo
Piccolo è meglio, edito da
Altreconomia.
Era il 1973 e Ernst Friedrich Schumacher scriveva “Non ci sono abbastanza segni dei tempi che indicano la necessità di una nuova cultura di partenza?” nel suo testo
Piccolo è bello – studio di economia come se la gente contasse qualcosa. Chiara parte da qui e la risposta è nella narrazione di un’altra Italia dove le imprese propongono modelli economici e sociali differenti. Imprese piccole, dove piccolo è sinonimo di rete locale, filiere corte, economia di relazioni, progetti sostenibili, lavoro solidale. Perché sono meglio secondo l'autrice? Perché questo sistema sembra funzionare e il libro lo racconta. Come il microbirrificio artigianale di Crevalcore, un paese a pochi chilometri da Bologna. Si chiama Vecchia Orsa ed è un’idea della cooperativa
FatoriAbilità nata davanti ad un piatto di lasagne per creare lavoro a ragazzi diversamente abili. Oggi i ragazzi operano in tutte le fasi di produzione e le birre Vecchia Orsa hanno ottenuto diversi riconoscimenti, come l’inserimento nella guida Slow Food.
Piccolo è anche il libro stesso perché, ancor prima della pubblicazione, è stato supportato attraverso
Produzioni dal basso, piattaforma di crowdfunding: un metodo di raccolta fondi e finanziamento attraverso una sottoscrizione popolare per la realizzazione di un progetto.
Chiara Spadaro è antropologa e giornalista. Firma di Altreconomia, premiata con la "Penna d'oca 2012", oltre a Piccolo è meglio ha scritto “Il frutto ritrovato” e "Adesso pasta!". Ha un debole per tutto ciò che è Portogallo, dai luoghi alle poesie.